Posts By: Ernesto Carmona

Carta a usted, que bello poema

Carta a usted

Señora, según dicen, ya usted tiene otro amante,
lástima que la prisa nunca sea elegante…
Yo sé que no es frecuente que una mujer hermosa
se resigne a ser viuda sin haber sido esposa.

Y me parece injusto discutirle el derecho
de compartir sus penas, sus goces y su lecho;
pero el amor, señora, cuando llega el olvido,
también tiene el derecho de un final distinguido.

Perdón, si es que la hiere mi reproche, perdón;
aunque sé que la herida no es en el corazón…
Y para perdonarme… piense si hay más despecho
que en lo que yo le digo, que en lo que usted ha hecho.

Pues sepa que una dama con la espalda desnuda,
sin luto en una fiesta, puede ser una viuda;
—pero no, como tantas, de un difunto señor—,
sino para ella sola, viuda de un gran amor.

Y nuestro amor —¿recuerda?—, fue un amor diferente
(al menos al principio; ya no, naturalmente).

Usted será el crepúsculo a la orilla del mar,
que según quien lo mire será hermoso o vulgar.
Usted será la flor que según quien la corta,
es algo que no muere o es algo que no importa.

O acaso cierta noche de amor y de locura
yo vivía un ensueño… y usted una aventura.
Usted juró cien veces ser para siempre mía,
yo besaba sus labios, pero no lo creía…

Usted sabe —y perdóneme—, que en ese juramento
influye demasiado la dirección del viento.
Por eso no me extraña que ya tenga otro amante
a quien quizás le jure lo mismo en este instante.

Y como usted señora ya aprendió a ser infiel,
a mí, así, de repente… me da pena por él.

Sí, es cierto. Alguna noche su puerta estuvo abierta,
y yo en otra ventana me olvidé de su puerta.
O una tarde de lluvia se iluminó mi vida
mirándome en los ojos de una desconocida.

Y también es posible que mi amor indolente
desdeñara su vaso bebiendo en la corriente.
Sin embargo, señora…, yo, con sed o sin sed,
nunca pensaba en otra… si la besaba a usted.

Perdóneme de nuevo si le digo estas cosas,
pero ni los rosales dan solamente rosas.
Y no digo estas cosas por usted ni por mí,
sino por los amores que terminan así…

Pero vea, señora, qué diferencia había
entre usted que lloraba… y yo que sonreía.
Pues nuestro amor concluye con finales diversos:
Usted besando a otro; yo, escribiendo estos versos.

Jose Angel Buesa


El respiro di…, Angelo Liuzzi

Tango.it in english language
Tango.it en lengua española
Tango.it en langue française
Tango.it in der deutschen sprache
Tango.it in hungerian language (work in progress)
logotango.gif
loginpassword
sito personale di Giorgio e Monica
sito personale di Giorgio e Monica
Home CHI DOVE COSA QUANDO PERCHÉ INFO
bk_logo_menu.gif

Articoli
Poesie
Rubriche
Stampa
bottom_menu_sx.gif

trasparente.gif

Tango.it in english language
Tango.it en lengua española
Tango.it en langue française
Tango.it in der deutschen sprache
Tango.it in hungerian language (work in progress)
bottom_left.gif
Articolo…trasparente.gif
Il respiro di Carmonaa cura di:Angelo Liuzzi
Lungo il tragitto, da casa di Trupiano[1] a casa mia, non riuscivo a smettere di pensare a tutta quella situazione ch’era venuta crearsi. Sarà per la mia natura poco razionale o, se si vuole, romantica, ma ho vissuto, a posteriori, quel pomeriggio con una sorta di rammarico nei riguardi di molta della mia vita trascorsa. Stavo vivendo una delle esperienze più belle e avrei voluto, alla fine della giornata, altri pomeriggi come quello.
Il primo giorno di stage con Ernesto Carmona[2] era terminato, e un gruppetto di allievi rimasti oltre la lezione, erano stati invitati da Trupiano per un caffè, a casa sua, – dove Carmona alloggia durante il soggiorno toscano. – Ed io ero emozionato, perché da lì a poco avrei avuto la mia intervista; mi sembrava di vivere a ritroso nel tempo, di un secolo almeno, tale era l’arroganza con la quale volevo chiedere a quell’individuo tutta la verità sul tango. – Io, povero nocchiero ingenuo!
Ernesto Carmona, che allora mi si presentava come una figura affascinante, gravida di carisma, lo sentivo pronto, con tutta la sua esperienza, a capovolgere i normali equilibri di quelle strane persone che vanno a riempire la strana cerchia dei tangueri; questa, almeno, era l’influenza che suscitava in me…
Così, in questo stato d’animo pieno di fervido entusiasmo, mi trovavo alla mia scrivania, dopo l’intervista concessami, cercando di rivivere le parole di quell’uomo nei confronti del quale mi era faticoso persino parlare. Non che io lo venerassi, come, all’inizio, molti dei suoi allievi.., ero solo stupito del fascino che subivo; questo, magari, mi lasciava desumere che non lo avrei rimproverato, alla fine, per la mancanza di una eccessiva considerazione, – ne rimango ancora incantato…
Guardavo i suoi occhi, – dicevo, – e stento, tuttora, a riconoscerli nella foto di un giornale argentino, dove viene riportata una vecchia intervista[3] fattagli insieme a Norma Gómez Tomasi[4]. – Con quel cappello stretto e quella giacca buffa, che abbraccia Norma in una posa statica da tango.., – mi chiedevo ironicamente, – dove volesse andare. Irriconoscibile! Così tanto può cambiare una persona? Allora mi domando se non è solo la vita; – la vita certo cambia le persone, cambia tutti, che lo si voglia o no! – ma in che maniera il tango può cambiare un individuo? Un individuo come lui poi… Nella foto sembra davvero ridicolo, e adesso lo seguo a lezione, bevo le sue parole come se fossero chissà quale elisir di eterna giovinezza, spio i suoi occhi cercando, – lo confesso, anch’io come quei molti, – un cenno di complicità, di ammirazione in più nei miei riguardi. Ma forse è solo una foto da spettacolo che non vuol dire assolutamente niente, forse non c’è stato alcun cambiamento.
Parla, e a me sembra di capire davvero tutto. Ma sono io o è lui? Sono io che vedo tutto questo o lui è davvero tutto questo? Un uomo capace di spronare la parte più recondita dell’essere e di farla trasalire a galla, in tutta la sua sporcizia e in tutto il suo splendore.
Riguardo la foto e tutto il materiale a disposizione per cercare di trovare un possibile punto di svolta; non c’è, e se c’è, è talmente graduale che forma una linea invisibile attraverso la quale nemmeno chi l’ha oltrepassato è in grado di riconoscere il cambiamento, perché ci si volta e si vede alle spalle solo ciò che si è divenuti, in tutta presunzione e arroganza, ma capaci anche di donare un punto di fuga, un riscatto, una soluzione per questa vita che, anche per chi non se ne rende conto, non l’abbiamo mai chiesta! – Ma ancora una volta mi trovo a dover fare i conti con un’autoanalisi, voglio vedere il lui un punto di svolta, perché la sua vita è davvero cambiata tramite il tango o perché credo che sia la mia vita ad essere cambiata tramite il tango?
– Nel tentativo di trovare il senso più giusto da dare alla mia intervista, davo fondo ai pareri che ho raccolto su di lui, – alle volte, – molto discordi; riscoprendo così, nella mia corrispondenza, una lettera di una sua allieva che lo segue ormai da tre anni:

“L’abbraccio di Carmona è quello di un centauro: il suo busto di uomo mi accoglie in una stretta consapevole, ma dal bacino in giù è l’oblio..: è sedere su di un dorso saldo che mi ruba le gambe e mi conduce in luoghi di cui non sospetto l’esistenza, che mi porta in volo – allora è forse Pegaso?! – per farmi scendere smarrita e senza rimembranza…
La sua parola è come il fuoco: a volte scalda, altre divampa e distrugge senza pietà. Mi chiedo: è solo un falò controllato, che serve per fare piazza pulita delle foglie secche, o un incendio pericoloso, dissennato, che deve essere arginato?
Ed io, quanto devo fidarmi, quanto affidarmi? Meglio una consapevole prudenza o un liberatorio abbandono? Quanto senso critico devo applicare nell’ascoltarlo? Ma soprattutto, voglio davvero guardarlo con occhi adulti e consapevoli?
Forse quando lo cerco è proprio per prendermi una vacanza dagli opprimenti razionalismi e dalle prese di coscienza della vita quotidiana: voglio sospendere ogni giudizio, voglio la sua parola estrema, presuntuosa e narcisista, per poter tornare ad un’irresponsabile entusiasmo infantile…”.

…E davvero ancora non capivo e non capisco come sia possibile che io veda in lui, non solo un maestro di tango argentino, ma un maestro capace di togliere ogni velo che offusca la vista. Chissà se non sono il solo? E chissà, – se ciò fosse vero, – quanto peso ha, tutto questo, sulle persone che credono, solo, di imparare un ballo come un altro? In fondo, ballare il tango è solo una questione di comodità! – Bisogna stare comodi, nell’abbraccio, nel respirare, nel figurare… – O è un po’ come essere innamorati? E allora ti stupisci di come sia possibile che tutto il resto del mondo non ami l’oggetto del tuo desiderio, che non riesca a vedere cosa vedi tu in quell’oggetto! Poi, razionalmente e finalmente, capisci che, per fortuna, siamo tutti diversi; anche se una parte di te continua a credere, in maniera molto presuntuosa, che non a tutti è permesso di innamorarsi!
Carmona rappresenta tutto questo e altro, – per me! – con i suoi vizi, col suo talento, col suo essere, così piccolo e così grande, uomo. Certo è che non tutti sono in grado di seguirlo, per quanto lui sarebbe in grado di seguire chiunque se potesse, perché avviene come una selezione naturale. Per esempio chi, a primo acchito, lo prende per provocatorio e presuntuoso, sicuramente non arriverà alla terza lezione, per quanto se riesce a superare la seconda, non potrà fare a meno di arrivare fino all’ultima.
Razionalmente io guardo la sua foto e dico: è solo un uomo che balla e insegna il tango argentino, tutto qui! Poso la foto, vivo le sue lezioni, rivivo le sue parole nel tentativo di mettere in atto i suoi insegnamenti, ballo il suo tango, ed ecco, che per me, Ernesto, diventa un santo e una puttana. Una puttana perché siamo disposti a pagarlo per qualcosa che non ha prezzo e un santo perché capace di rapirci in estasi tra le sue braccia.
– Trupiano ci fece accomodare nel salotto, ed io, con tutto il timore ossequioso del mondo, – è del tutto irrilevante il fatto che Carmona lo meriti o no, – incominciai a balbettare qualcosa tipo: “come sai, io non ballo il tango da molto e, perciò, mi capita spesso, per via di una presumibile timidezza nell’invitare, di guardare gli altri che ballano piuttosto che ballare. E spesso vedo persone con atteggiamenti molto lontani da ciò che credo di imparare a lezione da te o da Luca; naturalmente vedo anche persone molto impedite nei movimenti..; così mi chiedo: ballare il tango può essere sconsigliato a qualcuno, e a chi?”

Carmona:
No, io non sconsiglierei a nessuno di ballare il tango, perché si può trovare tantissimo in ognuno di noi. Il tango può essere l’aiuto giusto per scoprire quello che uno ha dentro, ma che, magari, non riesce a portare fuori di sé. Forse addirittura quando si è troppo vanitosi, – la vanità non aiuta molto, proprio perché devi ballare con altre persone, – il tango fa sì che i toni di questa vanità possano essere addirittura smorzati. Credo che attraverso il tango io sia riuscito ad aiutare molte persone, anche perché è il tango stesso che aiuta le persone! Avviene una svolta psicologica all’interno dell’individuo, a volte corporale, a volte intellettuale. Se uno può guarire il corpo tentando di lasciare che questo respiri, che questo provi, allora si può cambiare anche la testa”.

Mi stupisce sempre di come le persone si possano fare idee tanto sbagliate su altre, ma poi mi viene subito a mente un passo di Baricco, che riporto qui minuziosamente: “…e penserebbero comunque di te che sei odioso, loro hanno bisogno di pensarlo, li tranquillizza, e presuntuoso, soprattutto questo, tu per loro sarai sempre presuntuoso, anche se andassi in giro a dire Scusatemi, tutto il tempo, scusatemi scusatemi scusatemi, per loro sarai sempre presuntuoso, è il loro modo di far tornare le cose, i mediocri non sanno di essere mediocri, questo è il fatto, proprio in quanto mediocri gli manca la fantasia per immaginare che qualcuno possa essere meglio di loro, e dunque chi di fatto lo è deve averci qualcosa che non va, deve aver barato da qualche parte, o in definitiva deve essere un matto che si immagina di essere migliore di loro, e cioè presuntuoso, come certamente ti faranno capire molto presto e con sistemi neanche troppo piacevoli…”[5].

– Quest’uomo adesso è qui, – mi ripetevo, – con una disponibilità estrema nei miei riguardi, con un tono di voce così presente, che purtroppo non è riproducibile su foglio. – È così umile ora, dov’è allora il trucco? Non c’è trucco! Carmona è cosi! È un uomo, e non vedo come il suo strabiliante talento lo possa esimere dall’essere uomo con tutti i difetti e i pregi usuali. – È il talento fuori dal comune, non l’uomo! – Continuo con l’intervista..: “c’è una frase che mi ossessiona; mi ha colpito molto forse perché sento un po’ che mi appartiene: – Il tango è un pensiero triste che si balla, – cosa significa per te?”.


Carmona:


Questa frase, per me, non significa assolutamente niente, tranne che tutto il mondo si vuole identificare con qualche frase, e poi il tango non è triste; è triste nella misura in cui noi lo rendiamo triste. Se noi siamo tristi anche un rock può diventare una tristezza, cioè non è il tango ma siamo noi ad essere in un modo invece di un altro. Quindi non è un pensiero triste che si balla, piuttosto una passione che si balla. Se poi dobbiamo andare necessariamente sulle frasi fatte, preferisco: fare un corpo solo con quattro gambe.., o due facce serie con quattro gambe allegre.., – io questo dico; – dipende dall’atteggiamento che ognuno di noi ha. Forse piace di più questa sensazione di tristezza perché uno è triste e non perché il tango lo rende tale. Io non divento triste solo perché sto ascoltando un tango, tutt’altro! A me ricorda tanti momenti vissuti benissimo; secondo me non è una frase molto adatta, l’hanno male usata, ecco..!


Il tango è semplicemente la possibilità di vedere la vita così com’è! C’è tutto nel tango come c’è tutto nella vita: storie che finiscono, storie che cominciano, degli scambi.., scambi culturali, filosofici, fisici, comunque è un punto di svolta che dipende solo da noi; avvicinarsi al tango è una filosofia diversa, anche perché è scoprire un corpo diverso, dei corpi diversi.”


– “Ernesto che difficoltà incontri nell’insegnare in Italia, dato che molti di noi hanno seri problemi d’inibizione nel rapporto corporeo, quando altri, invece, fanno del tango una mera occasione di speculazione?”


Carmona:


In Italia, o in Europa, – è lo stesso! – non ho difficoltà ad insegnare, piuttosto ho difficoltà nel cercare di far capire cosa vorrei io fosse il tango. A volte si prende il tango come se fosse uno sport, e nello sport c’è sempre qualcuno che vince, – nel tango no! – Bisogna fare un solo corpo e tentare che questo sia davvero unico: la solidarietà per l’altro, la pazienza con l’altro, la possibilità di offrirsi all’altro, la generosità; è solo così che si ha il tango, si deve essere un corpo solo in questo senso.


Qui ci sono tantissime persone che per lavoro, forse, fanno del tango un’esibizione[6]. Hanno bisogno di esibirsi perché questo porta un guadagno, – che non è male, ma il tango non è solo un guadagno! ” – Questa parola: “guadagno”, ha fatto nascere subito in me il sospetto che il tango sia anche perdita, la perdita di qualcosa.., come se fosse necessario fare i conti con se stessi. – Cercare di capire cosa uno vuole.., il tango come mezzo di ricerca.., trovare il nostro modo di ballare: tutto questo però comporta un sacrificio, un sacrificio che, a volte, è anche più grande di noi stessi; anzi, proprio in questo risiede il vero sacrificio: il dover essere disposti a perdere qualcosa. E, quale sia questo “qualcosa” è un fattore prettamente soggettivo, ciò che potrei perdere io, potrebbe essere un guadagno per un altro, e viceversa. Forse il tango può essere davvero un mezzo per chi ha la voglia e la forza di fare i conti col proprio essere, quando questo essere è in grado di rivelarsi o quando noi lo rendiamo capace di rivelarsi! – “Il tango è la cultura di un paese, lo spirito, la filosofia.., di persone che hanno creduto, vissuto e sono morte credendo in tutto questo. E sono le stesse persone che hanno fatto sì che il tango sia cresciuto e continui a crescere.


Bisogna far capire la vera essenza del tango! Non è solo un bel vestito da sera che indosso per far finta poi di ballare. Non si può far finta di ballare il tango. Se faccio finta, faccio finta di essere me stesso, faccio finta di essere ricco, di essere bello. Se veramente ballare il tango può essere qualcosa di buono, deve essere soprattutto onesto, e non importa con cosa, basta quello che ho: offro quello che ho; io non posso offrire quello che non ho!


Normalmente le persone non riescono a lasciarsi andare perché sembra, ancora, che ballare il tango sia qualcosa di peccaminoso, visto che il tango è un ballo che si sviluppa attraverso un contatto molto profondo col corpo.., ma non si sa davvero cosa sia il peccato! Cioè, se si pensasse solo che ballare il tango è semplicemente ballare sentendo il corpo dell’altro, offrendogli quello che si ha, tutto sarebbe più spontaneo.


Io esco per strada e vedo una persona; mi piace quella persona, e c’è la possibilità che possa accadere qualcosa di importante. Io posso decidere di ballare un tango semplicemente come se stessi uscendo con una persona, come se stessi bevendo un caffè con questa persona. L’intensità di entrambi, le cose in comune, invece, possono far nascere qualcosa di “altro”; ma è solo il piacere del ballo per il ballo, senza alcuno scopo nascosto, che mi permette di ballarlo liberamente.


Può anche essere che ci sia uno scopo: un uomo cerca una donna.., una donna cerca un uomo.., tutto questo può esserci! Ma lo troviamo così semplicemente, tutto questo? No, non lo troviamo semplicemente; ci devono essere tantissimi fattori che si uniscono per far sì che una storia possa nascere. O può accadere semplicemente questo: uno sguardo, una passeggiata, un semplice caffè.., ma niente di più, finisce lì! Questa paura così grande di confrontarsi col corpo fa sì che in tanti momenti uno rifiuti e si rifiuti. Là (a Buenos Aires) siamo abituati a questo! Facciamo un corpo solo, poi vediamo cosa nasce..! Può non nascere niente come può nascere una bellissima amicizia, una storia molto romantica, dei bimbi.., che ne so..!


– A un certo punto, avrei voluto interromperlo per dirgli che la sua affermazione: “il tango deve essere soprattutto onesto!”, mi innervosiva, perché ciò implicherebbe, secondo lui, il fatto che si debba essere onesti anche nella vita, e quanto io lo sono? Poco o niente per quel che ne so! Allora come faccio ad essere onesto nel tango? Come faccio a darmi senza che ci sia un fine nascosto? Sono in grado di offrirmi indistintamente, solo per il ballo fine il ballo, cercando di capire l’esigenza di un corpo che devo fare mio e che mi vuole suo, almeno per la durata di un tango? Inoltre, il tango, così, mi si prospetta come religione o filosofia che uno abbraccia, non importa quale essa sia, purché sia consona al proprio vivere, che sia capace di far esprimere al meglio le nostre potenzialità e, quindi, la nostra onestà, dato che dovrebbe essere, questa, la base di ogni dottrina umana. Anche se penso che tutto questo sia giusto e vorrei davvero riuscire, un giorno, a migliorare me stesso, magari grazie anche al tango, credo sia molto difficile; e difficile, pure, credo lo sia per coloro che si avvicinano al tango solo perché vedono in questo ballo un mezzo di trasgressione. – Ma non sono riuscito a dirgli tutto questo, così stupidamente gli ho chiesto: “è possibile sapere come o dove è nato il Tango?”


Carmona:


In realtà non si sa quasi niente sulla vera storia del tango e mi piacerebbe che rimanesse un po’ così, nel senso che, per tanti, è un motivo almeno di ricerca e, per me, che sono un appassionato di quello che è il folklore[7]nel mondo, il tango è folklore, non come fenomeno, – come lo si crede, – ma come genere!


Per essere folcloristico, il tango, deve avere quelle caratteristiche che lo rendono tale; per esempio, non avere un autore conosciuto, deve essere stato trasmesso di generazione in generazione e non avere nessun registro dei dati. Allora.., non è possibile sapere chi ha inventato il tango. È stato trasmesso di generazione in generazione e non ha registro. Ma tutti i brani che si conoscono con autore fanno sì che esso non sia un ballo di folklore, ma un ballo di genere folcloristico[8]. Quindi, non si sa bene da dove viene, però si possono suggerire delle ipotesi, dare degli spunti, – chi dice viene da qui, chi da lì.., – anche se alla fine scopriamo che è solo una questione di convenienza per quelle persone che fanno del tango una questione speculativa.


Il tango è un miscuglio di tante razze, situazioni, momenti storici e tantissimo ancora… E, soprattutto, un miscuglio del porto”.– A questa parola ho fatto un po’ di fatica a capire subito che stesse parlando del porto di una città e non del vino portoghese, così non potei non associare il tango ad un bicchiere di vino; poi, l’immagine derivatami, con l’intuizione, del brulicare delle persone nel porto, questa volta nel senso giusto, mi ha fatto subito trasformare l’associazione, del tango nel porto, in un bicchiere vivo, dove le mescolanze di tanti odori di una data zona caratterizzano il bouquet del vino stesso; così mi resi conto che l’associazione era più o meno salva e che Ernesto volesse dire la stessa cosa. – “In tutti i porti del mondo nasce qualcosa di molto importante, per il miscuglio che avviene dentro. Nel porto di Buenos Aires, di Marsiglia, di New Orleans, persone che circolano portando ognuno qualcosa di proprio, dal loro paese per esempio, e si mischia tutto! – Non sappiamo veramente…


Uno, adesso, lo può suonare con qualsiasi cosa il tango, e può dire che questo è tango; lo si può ballare in qualsiasi maniera, e questo è tango. Nessuno ha la verità! La possiamo avere tutti… Però, la verità si deve basare su qualcosa, su delle fondamenta molto credibili, altrimenti uno potrebbe dire: io mischio flamenco e tango e ho creato una cosa nuova, – no! – Ci vogliono delle fondamenta solide, perché altrimenti non sarebbe nato tutto questo, e il tango sarebbe morto molto presto. Allora, qual è la base..? Se è credibile posso aggiungere percussioni, piano, sax, ecc… – Questo enorme troglodita che è il tango si mangia tutto: uno a volte può aggiungere, a volte può togliere, ognuno di noi può cercare di avere o no ragione, ma dobbiamo stare attenti a non sporgere troppo l’asse fuori dalle fondamenta, altrimenti si rischia che la struttura crolli! ”


– “Io non so bene perché mi sono avvicinato al tango, com’è che ho cominciato.., però so benissimo cos’è per me ora! Qual è questa ragione che ci spinge al tango?”


Carmona:


Uno si può avvicinare per tantissime ragioni al tango, perché ha ascoltato la musica, le parole, perché ha guardato uno che balla, o per l’intensità che il tango esprime, ma la ragione principale, secondo me, è che, per una volta, ci si può trovare con se stessi. Lì non ci aiuta nessuno! Siamo noi a ballare, siamo noi a credere in noi stessi, a credere nelle nostre potenzialità. È anche perciò che ti dico che non esiste persona che non possa ballare il tango e, quest’individuo, può sempre avere qualcosa d’aggiungere al tango, ma che anche il tango gli può dare.., per tutta la sua storia, per tutte le sue capacità.


Tutto questo avviene nell’unione della coppia, dove si svolge tutto..: c’è l’uomo, c’è la donna, c’è questa intensità, la passionalità, e dobbiamo trovarci per forza. Non posso io ballare con la passionalità di un altro. Devo avere la mia, o devo scoprila se credo di non averla. La devo trovare, e questo vale sia per la donna, sia per l’uomo, cioè dobbiamo trovare noi stessi nel tango.


Tu hai detto che non sai bene perché ti sei avvicinato al tango, ma sai cos’è per te ora il tango. Che cos’è? ” – “Questa domanda me l’avevi già fatta allo stage nell’Isola D’Elba, anzi l’avevi posta a tutti, però, solo io non sono riuscito a risponderti, non perché allora non avessi la risposta, semplicemente perché, per me, il tango è un segreto, un po’ come dicevi tu poco fa riguardo alla sua storia; solo che io so perfettamente che nome porta questo segreto.., e so che peso ha per me questo nome; poi viene la musica, la donna, la figura.., ma non per questo in secondo piano, tutt’altro!


Io credo di imparare, da te e da Luca, che il tango sia un’amplificazione della vita, dove tutti i difetti e tutti i pregi di una persona vengono fuori, e questi difetti, vedendoli chiaramente, possono essere corretti; anche se sappiamo benissimo che a volte non si vuole vedere la realtà nemmeno quando ci sovrasta, così come i pregi non sappiamo riconoscerli per una sorta di complesso d’inferiorità…”.


*****


Carmona durante una lezione:


La cosa più importante (rivolto agli uomini), e sembra che nessuno lo voglia capire, è considerare la donna. State facendo per voi stessi il movimento, dimenticando la donna; e allora come posso farle capire cosa può fare se sto pensando solo a me?


Se la prima cosa è dire alla donna cosa deve fare, ed io so cosa sto dicendo, posso mettere in moto il mio corpo. Viceversa, se la prima cosa è pensare a me, non potrò mai trasmettere niente alla donna, perché quando arriverà l’ordine, se arriverà.., è già tardi! Quindi pensare molto di più a la donna, anche se non ci piace (risatine…).


Si deve essere molto, molto generosi in questo, perché la donna non sa cosa deve fare. Tanti uomini s’incazzano da matti quando la donna balla per conto proprio. – Sì..? – E allora perché facciamo lo stesso? Perché non ascoltiamo il suo corpo e non le diciamo cosa può fare? Altrimenti io sto ballando da solo e la donna può solo aggrapparsi per seguire. Quasi tutti fate la figura da soli senza trasmettere, – che è la prima cosa, poi fare… – La donna non deve indovinare, non dovrebbe… Vi guardate anche nello specchio, questo non è ballare il tango, con la donna, questo è: una masturbazione!


– Perché non si riesce a far capire alla donna cosa volete? Perché vi dimenticate che il tango è fare un solo corpo con quattro gambe. E questo corpo unito se viene staccato, – più si è lontani e più si deve fare attenzione a non perdere l’abbraccio, perché è il cordone ombelicale che ci unisce; – se mollo l’abbraccio non c’è intensità, non c’è comunicazione, ma al di là di questo, affinché vi serva l’abbraccio per questa comunicazione, il tango è assolutamente un solo corpo.


Pensate.., ci sono dei tanghi che parlano di mescolare l’alito: “mezclando l’aliento…” Questo è il tango, che vi piaccia o no! Se poi vi mettiamo il sesso, lì in mezzo, eh, siamo fregati… Allora sì, mi devo staccare. Se devo abbracciare lui, e penso che lui è un uomo, e anch’io sono un uomo, e metto il sesso lì, sono fregato. Non mi posso avvicinare perché già c’è questa omosessualità latente, che io sono stato a metterci tra me e lui. Normalmente se io non ho niente da perdere, mi avvicino a lui, – così.., – e ballo! Io sono sicuro di cosa sono, di cosa voglio.., allora quando non sono sicuro.., mi stacco! Non so se mi spiego?!


Quando la donna si allontana e non sente, e comincia a tirare in dietro la testa, sta facendo tanta forza con il braccio che deve cercare di avvicinarsi. Pensate, nella milonga, che è molto più veloce, non dobbiamo abbandonarci alla forza centrifuga… Ballare nella stessa direzione, uno verso l’altro, cioè mezclando l’aliento… Se volete cicles… – Luca… – Non avete mangiato la pizza con l’aglio vero..? Allora potete..!
Al lavoro grazie…”.


*****


Ringrazio di cuore Ernesto Carmona per la sua disponibilità e per il suo insegnamento, come Luca Trupiano per l’opportunità di conoscere Carmona, e per il suo insegnamento, e ringrazio il mio segreto.., per essersi rivelato, cambiandomi la vita, e per il suo insegnamento…


A. Liuzzi


Milonga De Contrapunto….El Gran Alfredo Zitarrosa

Milonga, flor “galponera”,
novia fiel del “payador”,
permitíle a este cantor
arrimarse a tu “pollera”.
Soy un trovador cualquiera
y he de pedirte al cantar
tratando de improvisar
con tus prolijas razones,
que olvides otras canciones
que también supe entonar.
Yo he nacido en este suelo;
no hay más Patria para mí;
en este suelo crecí
como mi padre y mi abuelo.
Pero hoy estamos de duelo,
milonga, y hasta el más “potro”
al ver el dolor del otro
se “ablanda” aunque sea un momento:
para mí no hay sufrimiento más grande que el de nosotros.
Yo me pregunto si es cierto
que somos todos iguales,
al ver a “los orientales”
cambiando muerto por muerto.
Para mí no hay más “entuerto”
que la astucia del “mandón”:
ése es malo, éste es peor
y aquél es bueno del todo…
–la cosa es hallar el modo de separarnos mejor.
Hay una cosa evidente
y hay que decirlo también:
que el que manda sabe bien
cómo engañar a la gente.
El que me juzgue imprudente
por hablar de estas “cuestiones”,
que analice las razones
que le va a dar el que canta;
si vivo de mi garganta,
también vivo en mis canciones.
No se ha de esconder la mano
en asuntos principales;
“oriental” entre “orientales”,
yo también soy ciudadano.
Si me debo a mis hermanos
también me debo a mí mismo
y pienso que no es lo mismo
la duda que la paciencia:
si me duele la violencia
más me duele el “pachequismo”.
Si yo no tengo razón
que me lo diga la gente;
hemos visto al Presidente
hablar por televisión.
Yo lo vi en una ocasión,
ya casi de madrugada;
del pueblo no dijo nada;
dijo que habían “unos locos”
que son malos pero pocos,
y “se la tienen jurada”.
Nunca ha hablado de nosotros,
sino de la “subversión”;
no dicen nada del peón,
del “medianero” tampoco;
él piensa que con la foto
que le publican los diarios
se asustan los adversarios,
el obrero, el estudiante,
que la gente es ignorante
y que él es un visionario.
Mientras los campos “se agrandan”
él sigue “poniendo el pecho”,
atropellando el derecho
y contratando guardaespaldas.
Si al que tiene que “yugarla”
no le gusta el Pachequismo,
se aumenta para el turismo
la carne a quinientos pesos
y ha de ser tal vez por eso
que un dólar vale lo mismo.
Nadie puede “especular”
excepto los oligarcas;
ellos engordan sus arcas
y la gente a trabajar.
Nos han obligado a odiar
a los vivos por los muertos,
y aunque es muy triste es muy cierto:
mientras faltan hospitales,
en la “casona de Suárez”
hay piscina y helipuerto.
Los que decimos que miente,
al ver que nos ha mentido,
somos unos “mal nacidos”
para el señor Presidente.
El que no sea consecuente
con el Poder reaccionario,
tiene que “hacerse el otario”
o hacerse cómplice de él,
porque firmando un papel
él puede cerrar los diarios.
Dice que hay “Revoluciones
técnicas” y de verdad,
pero a la Universidad
le debe tres mil millones.
Y dice cosas peores
–más no se puede pedir–:
el Gobierno va a elegir
al mejor educador;
si puede ser profesor
Pacheco lo va a decir.
Con eso del “comunismo”
y la “cuestión de la vivienda”,
él quiere que el Pueblo aprenda
a hablar siempre de lo mismo.
Pero hay un profundo abismo
entre el rico y el obrero;
no comparten gallinero
el pollo y la comadreja.
Si los muertos no se quejan
por algo es que se murieron.
INTERRUMPE VOZ II: *
Permita que le interrumpa
su “dina”** interpretación,
como cantor “del montón”
le v’ia a hacer una pregunta:
la palabra que “trasunta”
permitamé que le insista,
para usté es una conquista
andar cantando esas cosas,
pero “amigo Zitarrosa”
usté ha de ser comunista.
Z: Si usté mira el “camellón”
cuando el “máiz” viene “grelando”
no alcanza a ver para cuándo
le llegará la sazón.
Por esa misma razón,
al que se sienta “Frentista”,
el llamarlo comunista
es como llamarlo amigo;
no alcanza a verse el ombligo
el que le falten “las vistas”.
VOZ II: Así que usté es del “Frentiámplio”
–me lo hubiera dicho antes–;
la cosa es “que el cuerpo aguante”
como aquí le dice Hilario;
yo le v’ia ser “alversario”
porque el señor Presidente,
siempre “de cuerpo presente”
y con cara de “hombre malo”,
les van a dar tanto “palo”
se les va a acabar el Frente.
Z: Lo que usté dice es verdad,
mire que yo no me engaño:
ya llevamos varios años
de “Pronta Seguridad”.
Pero aunque no tengo edad
para hablar del viejo Batlle,
permítame que le ensaye
una pregunta “batllista”,
si en vez de “hacerse el artista”
se anima a andar por la calle.
VOZ II: Yo le v’ia decir por qué
–mire que el hombre es “muy guapo”:
él no se va a hacer el “sapo”
para peliar con usté.
Y le v’ia decir también,
si le parece mejor
que él ha sido boxeador***
y que tiene “bruta piña”;
mientras la gente lo riña
las cosas van a andar “pior”.
Z: Será porque es boxeador
que gobierna al “contragolpe”.
Mientras el Pueblo soporte
los ricos viven mejor.
Yo sé que ese buen señor
tiene su propio gimnasio;
pero hay que trotar despacio
cuando el camino es “fulero”;
nunca vi burro “cuadrero”
ni negro de pelo lacio.
VOZ II: Le v’ia hacer otra pregunta
si me puede contestar
–porque no me va negar:
“Dios los cría y ellos se juntan”–
La “hacienda” anda toda junta
y eso es lo que yo le explico;
por algo el juez toca pito
si se comete un “penal”:
hay que saber gobernar
pa’ los pobres y los ricos.
Z: Yo le voy a contestar
en una forma sencilla
–no me pise la “gramilla”
que me va a hacer enojar–:
hay que saber separar
la arena de los guijarros.
Nunca vi tirar de un carro
un caballo y una vaca,
ni conozco “hacienda” flaca
que no se pueda engordar.
VOZ II: Usté “conversa” muy bien
pero no me va a decir
que alguien tiene que salir
a poner orden también.
Porque yo lo sé muy bien,
que no quieren trabajar
y “dispués” hacen parar
a todos los “sendecatos”;****
le hacen pasar “malos ratos”,
no lo dejan gobernar.
Z: No entrevere la baraja
si no le parece mal.
Para mí la principal
es la ley del que trabaja.
Mientras al pobre “lo atajan”
para que no se amontone,
a los que tienen millones,
estancias, bancos y diarios,
aunque sean “adversarios”
los tratan como “pichones”.
VOZ II: Las razones que usté dice
a mí me parecen pocas.
Y hasta “me juego la ropa”
por lo que voy a decir.
Para el que sabe cumplir
con su deber “donde cuadre”,
aunque los perros le ladren
primero la obligación;
y hay una sola razón:
porque la Patria es la Madre.
Z: Hay “razones”, como dijo,
para cualquier “acomodo”;
yo le v’ia dar a mi modo
las razones que “colijo”:
si la madre quiere al hijo
no se lo encarga a la tía.;
no ha de quererme la mía,
–aunque yo pueda quererla–,
si para que vaya a verla
me manda la policía.
VOZ II: Si mandar “la polecía”
a usté le parece injusto,
no se la mandan “de gusto”
si es que usté la merecía;
y le digo “entoavía”,
en eso del militar,*****
cómo me puede explicar,
ya que usté es tan “cevilista”*** ***
que el candidato Frentista
sea justo un General.
Z: Si yo fuera presidente
lo mismo que soy cantor,
haría todo lo mejor
para entregarle a mi gente.
Si el candidato del Frente
lleva galones dorados,
no ha de ser ningún pecado
–permítame que le diga–:
nunca se olvide de ARTIGAS,
“el General traicionado”.
* La llamada VOZ II está a cargo de Hilario Pérez.
** A pesar de estar escrito de esta manera, se escucha decir “digna”.
*** Se escucha “boseador”.
**** Se escucha “sindecatos”.
***** Se escucha “melitar”.
*** *** Se escucha “civilista”.


-Evolución del Fuerte de Buenos Aires – Fantástico!

Enviado desde mi iPad

Inicio del mensaje reenviado:

De: Ricardo Rybak <ricardo.rybak>
Fecha: 3 de febrero de 2013 17:21:12 ART
Para: undisclosed-recipients:;
Asunto: -Evolución del Fuerte de Buenos Aires – Fantástico!

http://player.vimeo.com/video/50940185?title=0&byline=0&portrait=0&color=ffffff%22%20width=%22400%22%20height=%22300%22%20frameborder=%220%22%20webkitAllowFullScreen%20mozallowfullscreen%20allowFullScreen%3E%3C/iframe%3E


tan lejos que estoy!!!

Zamba de usted

Letra: Félix Luna Música: Ariel Ramírez


Yo no sé si podrá

esta zamba llegar a usted,

bajo los luceros va por la noche

buscando el pueblito donde la dejé.
Por oír otra vez

la tonadita de su voz,

niña de los ojos color de olivo,

me iré tras la zamba, romero de amor…
Estribillo

Esta zamba es de usted.

La hice con nostalgias de piel y de voz.

Cuando usted la escuche, crecida en sombra

recuérdeme un poco, tan lejos que estoy.
A su pueblo yo iré.

Llegaré cuando muera el sol,

en mensajerías de luna y sueño,

para ver, mi niña, si no me olvidó.
Soy aquel que siguió

tras su huella andariega, y hoy

vuelve hasta sus pagos olivareros

trayendo apenitas su pobre canción.


Don Veridico …genial!!!

Amores al vuelo
Hombre que supo tener problemas con los animales emplumados Cataplasmo Pirueto.
Tuvo un pollo salido de huevo ecológico, que tenía facha de ser sanito y varonil
(el pollo),
y al hombre le gustó pa prepararlo pa pelea, cosa de presentarlo en el reñidero
de la zona
donde solía tallar el que tiempo después sería conocido como el “pobre gallo
bataraz”, el que murió enclenque y viejo.
El pollito ecológico resultó ser pacifista, incapaz de andar a los picotones
y dado al dialogo negociador. Pollo de origen tan particular (el huevo lo había
puesto una gallina madre un viernes con tormenta y de gallo desconocido),
aprendió el uso de la palabra con el loro
Perico Plumas Verdes, por mal nombre Pico Bravo, muy conversador él, y entablaron
relación de amigotes. Animalitos de recogerse a dormir temprano, poco después de la
medianoche ya estaban despabilados y salían en yunta, de garufa, y se esmeraban en
alguna que otra payada. Perico siempre la empezaba con el mesmo versito: “Aquí me
pongo a cantar, y no se abusen del loro, pues si me quieren torear, verán que también
soy toro”.
El pollo, sabedor de que las madrugadas son bravas y que si uno arruga se lo llevan
por delante,
guapeaba pa impresionar con sus versos: “Aquí se pone a cantar, este gallito de riña,
y al que quiera interrumpir, lo via bajar de una piña”.
El tiempo pasó como suele pasar el tiempo, y una mañana, de regreso de una garufa, van
y se topan con la paloma Lulú, recién amanecida ella. Había que verla, con el plumaje
tornasolado y recién peinada,
coquetona, pasito corto, de pechuguita levantada y con aquellos ojitos que le brillaban,
como una picardía.
Ahí el ecológico se le arrimó pa decirle algún piropo, ya ganoso de arrastrarle el ala,
pero ella se mandó una carrerita a manera de vuelo corto, espantada, pero el gallito
(“tenorio del suburbio que se ha engrupido, que
por el las palomas viven chaladas”), insistió en sus pretensiones y le dijo no se sabe qué.
Fue cuando intervino el loro Perico, celoso porque esa prenda la tenía en la mira desde
hacía un tiempo atrás, y se acabaron las amistades y fue y le pegó una patada al gallito
ecológico, que lo estampó contra un ombú. Dicen que después,
a eso de la media tarde, a Perico Plumas Verdes lo vieron con cara de recién levantado,
parado en la puerta del palomar. De adentro, la Lulú, lo arrullaba.


una conversa..ahhhh que belleza!!!

jueves, 23 de agosto de 2012 15:08

una conversa:
iba en el tren..
El asiento frente a mi estaba vacio, en realidad el tren no iba lleno; estaba
solo y me dije: “El morocho” tambien esta solo y me fui a buscarlo para
hacernos compañia; hablo de mi hermano el acordeon. Y con el pensamiento,
le dije: “Vengo a buscarte, veni, vamos que en el otro vagon donde yo estoy
no hay nadie”.
Lo tome entre mis brazos, me lo puse a babucha, agarre “la colorada” (mi valija)
y nos instalamos para hacer tres horas de viaje.
“Quedate tranquilo -Le dije- el guarda ya paso”-. Y alli estabamos los dos,
uno frente al otro, como dos amigos que se conocen bien y cada uno sabe
todito del otro.
Nacio en Italia, pero que lindo le salen los aires de chamame…Hace unos 20
años que andamos juntos…Le cuerpeamos a los frios de Europa y le abrimos
grande el alma a los calores de nuestro continente sur. El como siempre, esta
alli… silencioso, pero atento para venir en mi ayuda…A veces cuando estoy
solo mateando, imagino que me dice “Negro, mira que yo estoy aca eh! y si
queres, sacame de la valija, apretame fuerte contra tu corazon, dejame que
lo escuche y yo voy a traducir en musica, todo lo que tu corazon siente…
porque yo conozco muy bien el lenguaje del espiritu. Vos no digas nada….
dejame a mi nomas, yo me encargo de explicarle a tus amigos lo que vos sentis.
Quien mejor que yo te conoce? Quien? Quien mejor que yo? Hace mas
de 20 años que andamos juntos, te escuche reir y me hiciste reir cuando
te oia contar macanas y en mi fuelle senti los dolores de tu cuerpo y me hicieron
lagrimear las tristezas de tu alma. Hace un tiempo ya que te veo medio serion,
pero no me digas nada…Cuando quieras, ya sabes, sacame de la valija, apretame
fuerte contra tu corazon y ..NADA… YO TRADUZCO”
Raul Barboza
Francia, en el tren de Paris a Limoges el 27-09-05

del disco “luz de amanecer”
bello disco …y gracias Raul por poner tus palabras en mi boca en mi mente
en mi piel y en mi alma..pusiste aquello que senti y siento en mis viajes
y lastima no tener tu “Cordeona” para que me escuche.
un abrazo